L’industria di marca rappresenta un settore nevralgico per l’intero sistema Paese e una garanzia per i consumatori, tanto più in un momento storico caratterizzato da forte volatilità. Lo dimostra la quota di mercato grocery raggiunta dalle industrie associate a Centromarca pari al 54,5% nel canale iper-super-libero servizio, una percentuale tra le più elevate d’Europa, e l’incidenza dei prodotti commercializzati sul valore dello scontrino medio, che raggiunge il 66%, con una crescita degli atti d’acquisto del 12% rispetto al 2022.
E progressivamente anche i discount guardano oltre rispetto ad assortimenti che privilegiano la private label: “Ormai il 70% dei discount propone un’ampia offerta di prodotti di marca – ha fatto notare Francesco Mutti, Presidente Centromarca – un fenomeno che si registra anche in Germania, la patria dei discount. Indubbiamente all’industria di marca va riconosciuto il contenuto di innovazione dell’offerta supportato da investimenti in R&S e comunicazione che non hanno subito frenate nonostante le pressioni inflazionistiche”. Nel 2023 i brand hanno inciso con un 24% di quota sul totale inserzionisti pubblicitari. Dal 2019 al 2023 hanno mantenuto una media annuale di spesa in crescita del 2,1%, contro il -0,6% del totale mercato e il +0,1% del largo consumo.
No a tasse sui consumi
Dati e riflessioni sono stati dibattuti in occasione della tradizionale breakfast di fine anno dell’associazione dell’industria di marca, che raggruppa 200 aziende del largo consumo per un fatturato generato pari a 67 miliardi di euro. In un contesto caratterizzato da incertezza, calo demografico e concentrazione della ricchezza, si è evidenziato come i beni prodotti dalle industrie associate a Centromarca contribuiscano alla dinamicità della domanda, soprattutto in una fase di debolezza del potere d’acquisto delle famiglie e pertanto necessitino di maggiore considerazione e maggiori tutele. “I nostri beni – afferma Vittorio Cino, Direttore Centromarca – contribuiscono alla dinamicità della domanda in una fase di particolare debolezza del potere d’acquisto delle famiglie, che sarebbe ulteriormente penalizzato dal varo di nuove tasse sui consumi, come la sugar e la plastic tax, rispetto alle quali siamo nettamente contrari”. Parallelamente, le sfide per la competitività dell’industria del largo consumo si giocano sul terreno della dimensione e dell’efficienza. “Sarebbe auspicabile una normativa europea che faciliti le operazioni di aggregazione per superare i limiti del nanismo che caratterizza molte aziende del settore, soprattutto in Italia”, ha dichi